lunedì 25 febbraio 2013

L'ornitorinco#8: Walton Ford

Walton Ford è uno dei pionieri della nuova scena pittorica di Brooklyn. I suoi dipinti hanno come scopo fondamentale quello di raccontare come gli animali abbiano influenzato la fantasia degli uomini: lo fa usando un mix fantastico di iperrealismo e arte coloniale, con un effetto esplosivo che riesce ad unire virtuosismo tecnico e allegoria, storia naturale e citazioni d'epoca, dettagli onirici e arte classica. La sua arte nasconde però anche un forte spirito di critica, contro il colonialismo, il capitalismo sfrenato e l'influenza scellerata dell'uomo sulla natura. Recuperando una visione della natura antica, capace di riportarci indietro nel tempo dell'arte e degli animali, Walton Ford  ci regala una sensazione che spesso manca nella società contemporanea, quella della libertà legata alla natura.








lunedì 11 febbraio 2013

Giapponeserie#7: Yakuza

Punch-perm. N.B. L'uomo nella foto non è uno yakuza!

La yakuza è fondamentalmente la mafia giapponese. Le attività illegali delle quali si occupa la yakuza sono speculazioni finanziarie e immobiliari, traffico di droga e armi, estorsioni,gioco d'azzardo, sfruttamento della prostituzione. La moda yakuza è andata cambiando nel tempo. Se il colore e le permanenti (o per meglio dire la punch-perm, vedi immagine) erano d’obbligo negli anni ’90, quel modo quantomeno bizzarro di vestirsi è andato perduto almeno tra i membri dei clan, anche per una questione di maggiore discrezione a fronte delle sempre più numerose indagini della polizia giapponese per debellare questa organizzazione criminale. Ai giovani membri venne imposta la divisa scolastica, d’obbligo nelle scuole giapponesi, e venne perso l’uso delle spille di riconoscimento tra i diversi clan. Oggi è abbastanza comune trovare gli yakuza vestiti con semplici abiti da impiegato, anche se la loro aria losca ben li distingue dai comuni lavoratori d’ufficio. La cosa buffa è che però quelle che erano le vecchie mode della yakuza sono diventate un stile di moda in quel guazzabuglio di strani modi di vestire che è Shibuya, il quartiere di moda giovane di Tokyo
Dovendo riassumere quelle che sono le caratteristiche che vengono rinosciute allo stereotipo della yakuza abbiamo:
 - Capelli neri, impomatati e occasionalmente rasati vicino alla nuca
 -Occhiali colorati, non da sole, così da permettere anche la vista notturna
 - Tatuaggi, che ricoprono la maggior parte del corpo. I tatuaggi sono poco ben visti in Giappone, proprio per via di questa associazione
-Gioielli (-tanti) e capi in pelle (-moltissimi capi in pelle)
 - Un detto nella yakuza dice : “shiro nara shiro, kuro nara kuro”, ovvero “Se vesti in bianco, metti tutto in bianco; se vesti di nero, metti tutto in nero”
Da dire che esistono anche yakuza che ancora conservano questo modo di vestire, ma vanno sempre più scomparendo, a causa delle ovvie implicazioni sopra elencate.
Vi consiglio di spulciare qualche immagine oltre quelle che ho messo nel post, specialmente immagini dello stile sgargiante negli anni ’90. Forse non è di classe, ma è quantomeno interessante. Ve ne prego non imitatela, confido nel vostro buongusto!


lunedì 4 febbraio 2013

L'ornitorinco#7: Marco Lodola


Nato a Dorno, Pavia, è uno degli artisti italiani più noti a livello internazionale. La parte del suo lavoro per certo più nota al pubblico è quella legata al lavoro delle sculture luminose, ma si tratta in realtà solo di una piccola fetta di lavoro di un Lodola che è invece un artista poliedrico, a tutto tondo. Le prime opere di Lodola che abbia mai visto sono i lavori realizzati nel 1998 per il best of degli 883 "Gli anni". Due copertine diverse con il quale venne venduto lo stesso disco: nella prima una massa di uomini che si muovono quasi all'unisono in un contesto di ordine estremo e surreale; nella seconda, invece, la stessa scena di prima sembra essere turbata da un episodio di violenza cittadina, un'aggressione o un omicidio, creando un fantastico contrasto tra le due opere. L'apparente rottura dell'equilibrio tra la prima copertina e la seconda, che sembra destabilizzare un ordine dovuto, richiama invece a mio parere l'osservatore verso una realtà più palpabile e meno ovattata del mondo. L'estremo controllo contro l'Es umano, vuoi quale preferite?
Una terza opera su cui vorrei concentrarmi e che richiama in modo sorprendente la prima è "Italia", in questo caso una scultura luminosa. Anche qui tante persone ammassate si muovono tutte insieme, ma la cosa interessante è che il luogo dove ciò accade è il nostro caro bel paese, l'Italia! Amo i contrasti quasi pop-art che Lodola riesce sempre a creare con i colori fluo delle sue opere. Ma queste sculture, come in generale tutti i lavori di Lodola, non sono semplici stilizzazioni. Attraverso le sue opere la scultura diventa il concetto stesso di ciò che vuole rappresentare. Lodola decontestualizza il soggetto e ne estae il concetto stesso che si trova alla base. E così che quindi l'Italia diventa l'Italiano, che diventa una figura astratta, o per meglio dire il concetto di "Italiano" stesso.
Amo Lodola e come le sue opere possano inserirsi in contesti anche apparentemente lontani, come la recente installazione, avvenuta nel 2011 a Ca' D'oro in occasione della Biennale di Venezia, a cura di Vittorio Sgarbi e intitolata ironicamente "Ca' Lodola". Anche un palazzo così sontuoso come il museo Ca' D'oro, trasforma la sua facciata grazie alle sculture di Lodola, che si affacciano timidamente per osservare Canal Grande, per la gioia dei nostri occhi e del nostro umore.


Ca' Lodola

domenica 27 gennaio 2013

Giapponeserie#6: Kuroneko no tango

Ovvero la versione giapponese di "Volevo un gatto nero"

No, non vi parlerò di quella canzone, ma di uno scrittore giapponese, o per meglio dire di uno dei suoi romanzi più famosi.

Natsume Soseki è il più famoso romanziere giapponese dei primi del '900. Fu anche un grande studioso di letteratura inglese e francese. La prima opera di grande successo che gli attribuiamo è "Io sono un gatto" (giapponese "Wagahai wa neko de aru"), pubblicato per la prima volta a puntate nel 1905. Il narratore del romanzo è, come ben si può immaginare, un gatto nero, che fingendo di poltrire osserva in realtà con arguzia e spietato sarcasmo il mondo e le persone che lo circondano. Il suo padrone, il professore di inglese Kushami, è un intellettuale poco riuscito che fatica a sostenere la propria credibilità, e che si circonda di personaggi strampalati, con cui ama intavolare discussioni di natura amena (ma per loro serissime!). Il gatto espone al lettore senza troppi giri di parole i suoi giudizi, snocciolando riflessioni sincere e profonde sul mondo e la società. Bizzarra la fine del romanzo: mentre il padrone si allontana con amici fuori casa, il gatto rimane solo e si ubriaca, per poi cadere cadere in una botte, morendo così annegato. 
Molte le considerazioni che andrebbero fatte parlando di questo romanzo. Innanzitutto una riflessione che riguarda la connessione tra il gatto, il padrone Kushami e Soseki: i due personaggi principali sono proiezioni della personalità dello stesso autore, che vede se stesso come Kushami e si critica usando l'occhio esterno del gatto. Diverse infatti sono le analogie tra i due intellettuali: ad esempio esempio il fatto, già segnalato, che entrambi insegnino inglese. Il che ci permette di collegarci al secondo punto della nostra analisi: l'umorismo della storia. Soseki era stato un grande appassionato di Swift e della sua opera "I viaggi di Gulliver", che è nota per essere una analisi satirica della società inglese settecentesca. Nel 1905 il Giappone entrò in un conflitto con la Russia, e in conseguenza di questo sviluppò in maniera fino ad allora impensabile la sua giovane economia capitalista. Ciò permise la formazione di una classe intellettuale "parassitaria" al di fuori delle strutture amministrativo burocratiche, proprio come quella che ci viene presentata nel romanzo. Kushami e il suo gruppo di amici sono definiti dal gatto "quelli senza pensieri" e leggendo il romanzo non c'è da stupirsene; ma la cosa più importante da ricordare è che l'umorismo diventa quindi nel romanzo l'arma per una critica arguta e ironica alla società contemporanea da parte di Natsume Soseki.
Il romanzo presenta molti punti divertenti e incalzanti, ma nonostante questo ogni tanto tende a zoppicare, a mio avviso, in una certa lentezza nel ritmo, forse anche volutamente ricercata, specialmente nei discorsi infiniti e senza conclusione degli intellettuali parassiti. Ma nonostante questo rimane un master-piece per chiunque voglia approcciarsi alla letteratura giapponese, nonché un romanzo di grande interesse e arguzia.

P.S. Il vero significato del titolo "Kuroneko no tango" è "Il tango dei gatti neri"

*Solo per i veri curiosi della canzone in versione giapponese:

*E la traduzione:

L'ornitorinco#6: Alberto Martini


Nato ad Odenzo nel novembre del 1876 è stato un pittore, litografo, illustratore e ghaphic designer. All’età di solo 21 anni si esibì per la prima volta alla Biennale di Venezia, dove portò la sua collezioni di 21 disegni chiamata “La corte dei miracoli”, ispirata a Notre Dame de Paris di Victor Hugo. Fu un grande illustratore di libri, tra cui un’edizione della  Divina Commedia.
Ciò di cui vorrei però parlarvi oggi è di una serie di 22 stampe che l’autore ha dedicato ai racconti del terrore di Edgar Allan Poe, di cui io sono una grande amante e per il quale motivo non potevo non dedicarvi un post in questo mio piccolo blog!
Due in particolare le opere su cui vorrei concentrare la mia e la vostra attenzione:

Questa china appare essere ispirata al racconto “Il ritratto ovale”, a mio giudizio uno dei più belli della serie di storie di Poe. Una figura di morte, presumibilmente una donna, osserva da dentro la cornice l’ignaro spettatore: dietro un panorama di candele, che si ergono come ceri in una chiesa, uno per ogni sguardo trafitto dalla morte del dipinto. Tra le candele a destra una donna spunta da un mazzo di rose e foglie. Il movimento del fumo delle candele rende l’atmosfera angosciante di questo dipinto ancora più opprimente. L’effetto di chiaroscuro tra il dipinto e la luce soffusa che lo circonda dà al teschio un’immagine mistica, come se il male potesse spiritualizzarsi in una forma cupa e inquietante. L’apparizione del fantastico è riprodotta e condivisa con l’osservatore, tramite un flusso di macabra empatia.


"Balla con lo scheletro
                        Guarda le tenebre”
“Con gli ultimi frammenti delle tue ali
            Ora posso completare il mio regalo per te”

(Velvet Eden, “Dance with Skeleton”*)

Lo “Scarabeo D’oro” di Poe come un viscido insetto messaggero di un messaggio di morte.










*Qui il link alla canzone e alla traduzione. I Velvet Eden sono una band "visual kei" giapponese.




Coming Back!

Salve a tutti! Mi scuso per la mancata pubblicazione settimana scorsa del post! Questa settimana recupero pubblicando sia lo scorso mancato episodio de " L'Ornitorinco" sia il nuovo di "Giapponeserie", sperando che possano come sempre catturarvi e stuzzicare la vostra curiosità!
Bene, incominciamo!

lunedì 14 gennaio 2013

Giapponeserie#5.Geisha

Ikko Tanaka (1930-2002) è stato un importantissimo designer giapponese. La sua grandezza risiede nell’aver creato un’arte di forte pregnanza sociale in una società come quella giapponese resa fragile dopo la guerra , un’arte dove forme e colori diventano risposta ai problemi della vita quotidiana, trasmettitori di valori e princìpi. Tanaka cerca di unire la tradizione giapponese che egli tanto ama con dei design di ispirazione occidentale, creando un ponte tra i due mondi. Tema caro al designer a partire dagli anni ottanta è quello dei volti giganti. Primo esempio in questo senso è quello di Nihon Buyo: il poster rappresenta un’immagine astratta di una donna, probabilmente una geisha, composta solo con forme geometriche, triangolari e rettangolari. Il minimalismo tipicamente giapponese è reinterpretato in chiave contemporanea. Il lavoro tenta di unire la civiltà urbana alla danza tradizionale giapponese, creandone una perfetta sintesi. I colori, che uniscono sapientemente tinte tenui e tinte più accese, sono anche’essi protagonisti, determinando quella perfezione che rende questo poster una delle più note opere dell’artista.

Con l'anno appena concluso sono passati dieci anni dalla scomparsa del grande designer, e in onore a quello che egli ha rappresentato e rappresenta per il Giappone, il museo "21_21 design sight" ha voluto tenere una mostra in suo onore che si concluderà questo 20 gennaio. Da sottolineare, direi, che il museo in questione è stato voluto e creato da Issey Miyake, lo stilista di cui vi ho parlato la volta scorsa. So che è improbabile che possiate ritrovarvi a Tokyo presto (almeno credo), ma se volesse dare un'occhiata al sito del museo penso che potrebbe piacervi!

http://www.2121designsight.jp/