domenica 30 dicembre 2012

Giapponeserie#4: Judo


Issey Miyake, Sashiko e Ichigawa Fusae


Ichikawa Fusae indossa Sashiko
Issey Miyake (1938) si inserisce in quel contesto di moda e stili d'avanguardia e di strada che si sviluppano a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta. Il suo percorso stilistico si evolve attorno al cosiddetto "stilismo nipponico", che vede tra i suoi maggiori esponenti, oltre allo stesso Miyake, Kenzo e a partire dal 1981 Rei Kawaburo(Comme de Garsons) e Yohji Yamamoto. Questa corrente si basa sulla ricerca di un’estetica dall’eleganza intellettuale, dove vengono inseriti nella moda occidentale principi nuovi come l’imperfezione studiata e la ricerca di materiali poveri. Negli anni '70 crea il vestito che gli garantirà i primi grandi interessi da parte del mondo della moda: Sashiko. Il  concetto fondamentale di Sashiko è quello di seconda pelle. Parlare di seconda pelle richiama la necessità di trovare tessuti che non rimangano pesanti sulla pelle, ma che vengano a fondersi con essa. Ricercando un equivalente al jeans, Miyake trasforma il sashiko, un tessuto usato in Giappone a partire dal periodo Nara. I vestiti da kendo e judo e i tipi di tessuti di cui sono composti vengono adattati per l'industria manifatturiera e usati come materiali per cappotti. Miyake ha un profondo rispetto per tutti i materiali, anche per i più strani e artificiali, non riprendendo la distinzione, tipica dell'occidente, tra stoffe di lusso e da giorno. Tutto è potenzialmente moda. L'immagine sicuramente più nota di Sashiko è quella con la femminista e politica giapponese Ichikawa Fusae. Lo stilista la vede ed è catturato dal suo volto: la prende come modella per la sua creazione. Ma al di là del viso, Ichikawa rappresenta l'ideale di donna a cui Miyake vuole vendere le proprie creazioni. Miyake intende scoprire un tessuto che possa essere applicato alle donne di tutte le età e forme. Ne nascono capi in jersey di poliestere,tagliato geometricamente e squadrato. Sashiko è un capo innovativo, d'avanguardia, che è però in  realtà solo la punta dell'iceberg, di quel fiume di creatività chiamato Issey Miyake.

lunedì 17 dicembre 2012

L’ornitorinco#4: Pinuccio Sciola.


Nato 1942, scultore di fama internazionale, noto specialmente per la produzione delle cosidette “pietre sonore” . Per capire chi è quest’uomo, bisognerebbe innanzitutto andare al suo paese, San Sperate, in Sardegna, che Sciola ha trasformato in un vero museo all’aperto.  Grazie al suo contributo questo piccolo paesino è diventato uno dei più interessanti della regione. Le pietre sonore, strutture simili a menhir, sono le opere dell’artista che attirano più l’attenzione. Ma queste sculture sono più di semplici pietre: in grado di sprigionare diversi suoni a seconda delle fessure parallele che vi vengono incise, con le mani o con altri sassi. Sono in grado di unire tre sensi contemporaneamente: il tatto, attraverso la percezione delle pietra con le mani, che scorrono su queste superfici assolutamente scabre e naturali. Poi la vista, la contemplazione di queste strutture spesso imponenti, e dei giochi di luce che producono attraverso le fessure create. Infine, ovviamente, l’udito: ad ogni sfioramento, ad ogni leggerissima percussione le Pietre Sonore reagiscono come un vero strumento musicale, uno strumento da un suono inconfondibile, inequiparabile. Come spiega lo stesso Sciola, tuttavia, le sue sculture non sono in realtà strumenti musicali, ma litofonie, “forma e elasticità”. La plasticità del suono, o per meglio dire la esistenza del suono stesso come nato  dalla plasticità, ovvero da oggetti: Come dice lo stesso Sciola, in fondo: “I suoni ci sono da sempre. La pietra è la memoria universale del mondo”.



martedì 11 dicembre 2012

Giapponeserie#3: Harakiri


Il fenomeno del suicidio in Giappone è stato particolarmente risentito nella storia moderna in due momenti: il primo è stato dopo la fine della seconda guerra mondiale, quando giovani ragazzi si immolarono in nome della patria e dei caduti in guerra, e il secondo, più recente, degli anni '90. In quel periodo i suicidi aumentarono del 500%: lo scoppio della cosidetta "bubble economy" portò a questo atto specialmente lavoratori, e i loro capi, i salary man.

Negli anni recenti il fenemeno ha anche interessato gli studenti delle scuole: la rigida struttura della scuola giapponese, che impone dure selezioni degli studenti, porta molti ragazzi a dover affrontare ciò che agli occhi di una società fortemente competitiva è un fallimento, una delusione che molti ragazzi non riescono ad affrontare.

ln Giappone il concetto di suicidio è molto diverso rispetto al concetto occidentale, perchè non rappresenta un tabù. Esso è anzi una cosa socialmente accettata da tutti, che possiede una sua estetica. E' come se esistesse la possibilità di morire, perchè la vita non è legata alla presenza di dio creatore, diventa un fatto di riequilibrio sociale.
Questo non significa che i Giapponesi incoraggino alla morte. Semplicemente non esiste dio, non esiste una divinità a cui la morte (e la vita) sono legati.


Come già detto in Giappone il fallimento individuale è percepito come problema, vergogna che danneggia la comunità di appartenenza. Il suicidio non è solamente morire, è anche un modo per rispondere alla propria vergogna, si muore ma si "salva la faccia" o, per meglio dire, si ricrea un equilibrio con la società stessa. E' un legame che sembra essere presente oltre la morte. Tutto va a garanzia del funzionamento sociale.

Riguardo il come potersi suicidare, il sistema sicuramente più ricordato è l' 'Harahiri', chiamato in Giappone anche 'Seppuku'. Inventato in epoca feudale, consiste nel tagliarsi la pancia da parte  a parte, causando una morte non immediata, sofferta. Questa tecnica resta in uso fino alla fine del periodo feudale, poi cade in disuso, anche se rimangono ancora casi recenti: il più noto è sicuramente il suicidio nel 1970 di Yukio Mishima,  scrittore forse più noto all'estero che in patria: fu un suicidio annunciato. Occupando il quartiere generale delle forze delle autodifesa, dopo un discorso sulla balconata si ritira e si uccide. Si pensa che la cosa avesse un'intenzione di protesta, ma l'idea risulta grottesca se si pensa che Mishima era modellato dal body building e chiamò per il suo discorso i media nazionali. Forse più probabilmente fu la sua delusione per la mancata vincita del Nobel per la letteratura, che andò a minare una personalità già molto labile.

Interessante e inquietante risulta quindi alla luce di quell'atto il cortometraggio che lo stesso Mishima scrisse e interpretò poco prima della sua scomparsa, precisamente quattro anni prima.


lunedì 10 dicembre 2012

L'Ornitorinco#3: Winston Smith


Winston Smith fu creatore di circa 85 opere che divennero copertine di album musicali, specialmente nella scena punk statunitense degli anni '80 e '90. Nota la sua copertina per l'album "In God We Trust Inc."dei Dead Kennedys, il cui cantante Jello Biafra era coinquilino dello stesso artista. Lo stile di Smith riprende l'estetica della pubblicità grafica anni '50, con lo scopo di capovolgerne l'intento consumistico e mostrarne invece il lato caduco, dove le grafiche patinate alimentavano promesse false, vuote e prive di speranza.  Nell'opera "In God We Trust Inc" la croce di dollari rappresenta la connessione tra religione e soldi, spesso celata da perbenismi, ma concreta e ben presente. All'epoca della creazione della copertina erano molti i predicatori che negli Stati Uniti pubblicizzavano la propria attività di evangelizzazione con lo scopo principale del lucro: si tratta quindi di un'opera con chiaro intento politico.

Altra copertina famosa è quella per "Inmsoniac" dei Green Day. Titolo dell'album nato pare da una delle numerose notte insonni che il primogenito di Billy Joe Armstrong, frontman della band, fece passare al padre, episodio coronato dalla creazione della massive hit "Brain Stew". In realtà il titolo originale dell'opera avrebbe dovuto essere "God Told me to Skin you Alive", nome molto crudo a cui la band preferì appunto quello di "Inmsoniac". Opera decisamente appartenente al secondo filone di Smith, quello non-sense, dove principi e donne ricche sono affiancate da scheletri, dinosauri e navi spaziali. Ogni simbolo diventa interpretabile, un po' su base personale, un po' su base archetipa, nella misura in cui tutti, anche gli analfabeti, possono comprendere il messaggio che sta dietro l'immagine: un messaggio per nulla scontato e decisamente eloquente.

Salve a tutti

Innanzitutto le scuse per la mancata pubblicazione settimana scorsa dell' Ornitorinco! Le influenze stagionali hanno colpito anche me, e mi hanno impedito qualsiasi azione che non fosse dormire e tossire...
Comunque questa settimana recupererò entrambi i post: oggi il post mancato di lunedì scorso, domani il nuovo per la sezione Giapponeserie! Buona lettura!