lunedì 26 novembre 2012

Giapponeserie#2: kimono

Definizione del glossario per kimono: lunga veste tradizionale giapponese a forma di T, usata da uomini e donne. Tradizionale, ma non esclusiva. Tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi del Novecento, il Giappone, finalmente,  dopo secoli di isolamento, decise di aprire le proprie porte ai commerci esteri. Fu in quel preciso momento che l’Occidente si rese conto della grazie e della bellezza delle arti manifatturiere nipponiche. In assoluto  l’abbigliamento fu tra i settori che più trassero vantaggio da questa nuova moda. Ecco che cosa non sarebbe mai mancato nel guardaroba un vero amante dell’abbigliamento in stile giapponese della metà dell’800:
Figura 1
1.      I kimono. Furono usati in Europa principalmente come vesti da camera, ma vi fu anche un periodo verso la fine dell’Ottocento, in Inghilterra, dove il loro utilizzo fu esteso all’esterno, come soprabito elegante da sera per il teatro. I temi e le figure dei kimono rispecchiano la necessità delle classi abbienti occidentali di sfoggiare la propria ricchezza: opulenza è la parola d’ordine. (fig.1)
2.      I ventagli. Non come quelli giapponesi, ma in avorio e lacca. I temi sono, come per i kimono, gli stereotipi Giappone: fiori di ciliegio, figure umane stile ukiyo-e, pavoni. (fig 2)
3.      Le pantofole. Lo so, sembra uno scherzo. Ma non è così: in fondo quale occidentale vivrebbe senza ciabatte? Di pelle, dipinte a mano. Degne dei peggiori fashion-victim. (fig.3)
4.      I bottoni. Delle vere e proprie miniature, come noterete anche dalla figura, tutti uno diverso dall’altro ma uniti da un tema comune. Un particolare di classe. (fig.4)
Figura 2
Il kimono come veste giapponese, ma anche come lusso per pochi nella società europea di metà Ottocento.
Tutte le immagini sono tratte dall’archivio del Kyoto Costume Institute, se volete dare un’occhiata al sito potrete rifarvi gli occhi per benino!
(LINK!)

A settimana prossima, con il terzo post dell’Ornitorinco!

Figura 3


Figura 4


lunedì 19 novembre 2012

L'ornitorinco#2: Ex-lovers

Chitarre bombanti, due voci, una maschile e una femminile, che bisbigliano dolcemente melodie che riportano a sentimenti nostalgici: ecco i londinesi Ex-lovers. Formatosi a partire dal cantante Peter, leader della band, pubblicano un primo EP di produzione indipendente su My Space: grazie ai singoli "Just a Silhouette" e "Photobooth" si costruiscono presto un certo pubblico. Viene poi pubblicato il loro EP di debutto "You Forget so Easily". Da poco uscito il loro album d'esordio: "Moth". Suoni accattivanti e melodici, come in "Starlight, Starlight" rimangono i più usati dalla band. Per amanti di gruppi come i "Teenage Fanclub" o "The Pains of Being a Pure Heart".




lunedì 12 novembre 2012

Giapponeserie #1. Sushi


fugu disposto a "petali"

Tutti parliamo di sushi: cibo esotico, attorniato da un certo alone di mistero per noi Italiani per via della sua evidente opposizione alla nostra cucina tradizionale: le lasagne delle nonna, in teglia, brutte ma buonissime, contro due degli elementi più delicati al palato: pesce e riso, disposti con precisa maniacalità su un piatto da portata.
In effetti per i Giapponesi l’atto del mangiare rimane qualcosa di estremamente poco aggraziato: il Giapponese sente la necessità di dovere in qualche modo porre rimedio alla necessità che da esso deriva. I rituali e l’etichetta sono quindi diversi dai nostri: niente oggetti contundenti, come coltelli o forchette, ma solo due bastoncini, per afferrare le cose già tagliate. Le porzioni sono già accuratamente divise, e tutto è sempre servito dal personale o dalla persona ospitante.
Nella tradizione culinaria occidentale, edificazioni complesse di gusto portano il commensale a doversi destreggiare tra diversi gusti, riconoscendo oltre essi la bravura dello chef. In Giappone, invece, ogni stagione ha i suoi cibi, che corrispondono non solo a precisi gusti stagionali, ma anche a colori, forme e presentazioni. Nella degustazione la freschezza è fondamentale. Ma soprattutto è importante la moderazione: nel 1975 fece scandalo la morte di Bando Mitsugoro VIII, attore del teatro kabuki (forma di teatro tradizionale giapponese). Bando morì per colpa del fugu, il pesce palla. Il pesce palla, come ben noto, è difficilissimo da cucinare: se non è ben preparato il veleno entra nel corpo e lo paralizza progressivamente, provocando una insufficienza respiratoria. Bando sapeva i rischi che correva. In Giappone sono meno di trenta i ristoranti che possono preparare fugu. Del pesce palla, in particolare, è pregiatissimo il fegato, che, leggermente rosato in punta, viene disposto a forma di rosa sul piatto, intinto nel suo stesso veleno. Bando ne mangiò quattro porzioni. La stampa gridò all’ingordigia. Io non ho idea di come potrebbero reagire i media in Italia, ma forse tutti penseremmo che almeno è morto felice e con la pancia piena. E in effetti se per il paradiso non c’è prezzo, già che l’hai toccato con un dito, perché non afferrarlo? Certo, io penso, se fossero state lasagne sarebbe stato meglio.
Ma apparte questo, il concetto di cibo e cibarsi in Giappone mi affascina. Non è più o meno filosofico di quello italiano, ma semplicemente diverso, ma con un’idea che è di base comune a tutti i popoli: un desiderio di volere elevare la nostra natura animale per portare il cibo ad una dimensione di intelletto e sentimenti, che rende la necessità di nutrirsi non solo un bisogno primario, ma un piacere per il palato.
Con questa riflessione vi lascio e ci rivediamo alla prossima settimana!
Bye

mercoledì 7 novembre 2012

L'ornitorinco #1.Annamaria Zanella

Era molto tempo che volevo andare al Museo Fortuny a Venezia, vuoi perché ad un museo non di deve mai dire di no , vuoi perché sono recentemente rimasta folgorata dalla figura dello stesso artista, e desideravo buttarmi a capofitto nella sua vita. Ma mai mi sarei aspettata di trovarmi in una mostra così bella che mi lasciasse a bocca aperta. Annamaria Zanella è un’artista fatta e finita. Con la sua abilità tecnica, attraverso ciò che potremmo definire un miracolo, crea gioelli mischiando puro e impuro, oro e materiali di scarto, producendo oggetti dalle forme geometriche, raffinate e minimaliste. L’oro è celato da altri colori, ma rimane colore predominante nelle creazioni. C’è una certa poesia in questi gioielli. Poesia che, nella filosofia di Zanella stessa, è legata a ricordi della storia personale, raccontati con semplicità e ironia. Artista azzeccatissima per Palazzo Fortuny, perché nel pieno spirito dell’artista: come Fortuny, moderna, elegante e senza tempo. Non ho sfortunatamente trovato un sito internet personale, ma sul sito della Fondazione Musei Civici di Venezia (http://fortuny.visitmuve.it/it/mostre/mostre-in-corso/autunno-a-palazzo-fortuny-annamaria-zanella/2012/07/6607/annamaria-zanella/), si trovano molte informazioni, note biografiche interessanti. Nel frattempo vi lascio con alcune immagini delle creazioni che più mi hanno colpito: io sono perdutamente rapita, e Voi?


Immagine 1. Decostruzione, Spilla, 2002.
Immagine 2: Omaggio al Palladio, 2008
Immagine 3: Dress, Bracciale, 2009

lunedì 5 novembre 2012

introduzione

Giapponeserie è tutto ciò che mi appassiona. Uno spazio libero su quello che vedo, mi incuriosisce e spero possa catturare anche altri. E' Giappone, ma forse nemmeno troppo. E' arte, musica e moda, ma non in modo troppo ambizioso. Sono io e ciò che amo, e forse questo è l'unico elemento certo di questa folle decisione di aprire un blog! Spero che possa piacere anche ad altri e che possa magari smuovere le opinioni di qualche scettico, chissà. Nel frattempo speriamo solo che non si riveli un completo fiasco!